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Magda Negri

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18-04-2009 - Riforma, non giova la scelta di rimandare - Sole 24h. L'ipotesi alla tedesca eviterebbe le urne ma segnerebbe la fine del bipolarismo. Il rischio di un nulla di fatto.

Per l'election day il tempo è scaduto. Restano in piedi due date (il 14 e il 21), mentre sembra allontanarsi per i dubbi del Quirinale l'ipotesi di rinviare il referendum all'autunno o addirittura all'anno prossimo. Con quali argomenti, infatti, si poteva giustificare davanti agli italiani un'iniziativa che sarebbe quanto meno inedita?

Il solo argomento valido era politico ed era la riforma elettorale. Un rinvio avrebbe potuto dare tempo ai partiti per fare una nuova legge elettorale. Ma c'era davvero la possibilità di trovare un'intesa sulla riforma? Ci sono buoni elementi per dubitarne.
 
 
 


Il percorso di riforma sulla carta può avere due esiti. Il primo è una legge diversa dall'attuale ma non tanto diversa da evitare lo svolgimento del referendum. Per esempio la nuova legge potrebbe prevedere soglie di sbarramento più alte, introdurre il voto di preferenza, abolire o ridurre fortemente la possibilità per i candidati di presentarsi in più circoscrizioni ma non toccare il premio di maggioranza. Il risultato sarebbe una legge migliore dell'attuale ma il referendum si dovrebbe comunque svolgere. Il secondo esito invece è una legge radicalmente diversa che elimini il meccanismo del premio di maggioranza. In questo caso il referendum non si farebbe.

A quale di questi due esiti pensano i fautori dell'ipotesi del rinvio? Visto che in questi giorni il dibattito è stato prevalentemente incentrato sulla questione dei costi è bene partire da qui e dire subito che il primo degli esiti delineati sopra sarebbe tanto costoso quanto quello di votare il prossimo 14 Giugno. In questo caso il rinvio equivale alla rinuncia a risparmiare quel poco che comunque si risparmierebbe oggi abbinando il referendum ai ballottaggi del 21. In teoria il rinvio di dodici mesi potrebbe aprire la possibilità di un accorpamento con le elezioni regionali del 2010 ma è impensabile che la Lega accetti allora una soluzione che ha fortemente avversato oggi. Quindi sul piano dei costi il paese non risparmierebbe nulla. E dunque perché rinviare invece che sgomberare da subito il campo da una questione che ha indebolito prima il governo Prodi e oggi crea tensioni dentro il governo Berlusconi?


Diverso il discorso se il rinvio portasse alla cancellazione del referendum. Ma questo, come si è detto, richiede l'eliminazione del premio di maggioranza. È questo che vogliono i fautori del rinvio? Certamente è questo che vuole D'Alema che non ha mai fatto mistero della sua avversione a questo sistema elettorale e della sua preferenza per un proporzionale di tipo tedesco. Ma è questo che vuole il Pdl? Il ritorno al proporzionale?

Quanto alla Lega un sistema simile potrebbe anche andarle bene. Sicuramente sarebbe migliore di quello che scaturirebbe dalla vittoria dei sì al referendum con un premio di maggioranza assegnato alla lista più votata. E infatti a suo tempo la "bozza Calderoli" andava in questa direzione. E i referendari? Sarebbero contenti che la loro iniziativa nata per rafforzare il bipolarismo alla fine producesse l'esito esattamente contrario? Per non parlare del Pd dove la questione se restare fedeli o meno al maggioritario è ancora aperta.

Il punto è che il rinvio del referendum non garantisce affatto che si faccia una nuova legge elettorale che metta d'accordo destra e sinistra, superi il referendum e salvi il bipolarismo. Senza il premio di maggioranza la sopravvivenza del bipolarismo è legata o alla reintroduzione dei collegi uninominali o a un sistema elettorale di tipo spagnolo. Ci sono in Parlamento le condizioni per un accordo multipartisan del genere?

Secondo noi non ci sono. Quindi l'esito più probabile dell'eventuale rinvio è che tra sei mesi o un anno ci si ritrovi al punto di partenza con l'aggravante di avere manipolato ancora una volta le regole del gioco per fini partigiani. Se invece il referendum si facesse oggi si eliminerebbe una questione che ha rappresentato negli ultimi due anni un forte elemento di instabilità per il sistema politico. Se poi i partiti volessero veramente fare nei prossimi mesi una nuova legge elettorale nulla vieta che ci provino e senza una spada di Damocle sulla loro testa.
 

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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