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Magda Negri

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Sul governo Renzi è stato detto quasi tutto: nato come classica manovra da Prima Repubblica gagliarda o da Seconda Repubblica morente;  costituito con figure giovani, talvolta inesperte, estromettendo personalità come la Bonino. Con due o tre maggioranze variabili: la maggioranza del Governo Letta, la benevolenza di Berlusconi, la nuova disponibilità dei dissidenti grillini. 

È anche da ricordare che tutto ciò è stato consentito dai non molti voti raccolti da Bersani, non molti ma grazie alla mostruosa protesi del Porcellum in grado di garantire le più svariate combinazioni parlamentari, con il PD al centro. 

Sono fra i pochissimi ingenui che avevano pensato che l’impetuosa vittoria di Renzi alle primarie avrebbe obbligato Letta a cambiare passo per gli ultimi 12 mesi e avrebbe consentito a Renzi di rifondare in senso liberal e riformista il PD.

 Le cose sono andate diversamente ed è stato davvero tutto il PD, tranne Civati, a volere questa accelerazione sul Governo, a volere il comando senza passare dalle elezioni. Questo peccato originale, per i bipolaristi, per chi crede nel governo designato anche se non eletto dal popolo, resterà inemendabile. In politica non ci sono battesimi che riparano, c’è solo il moto delle cose che tutto travolge e l'impietoso oblio di una opinione pubblica lacerata, incattivita che si aggrappa a facili speranze.

Spero che la seconda linea dei viciministri e dei sottosegretari riesca a rafforzare un governo che (ad eccezione di Padoan) si profila come un gruppo omogeneo intorno a Renzi, uno staff, una giunta.

È singolare notare che Renzi si è comportato come un consumato politico e anche con simpatica generosità perché ha rappresentato nel Governo tutte le componenti di maggioranza e di minoranza del PD riservando solo due posti, Del Rio e la Boschi a proto renziani, quelli della Leopolda.

La prova ora starà tutta nei fatti: stiamo perdendo troppo tempo a commentare i discorsi e la retorica di Renzi. Tutti i grandi leader democratici del mondo, Kennedy, Obama, Martin Luter King, per non parlare dei più classici politici europei quando presentano il programma di Governo lo fanno con precisione e passione. Scrivono tutto, leggono tutto, surrogano con dati precisi e ipotesi temporali precise. Renzi è diverso ma non importa, sembra un po' Giancarlo Pajetta, fatta la tara storica.

Ora importa solo la sostenibilità economica e temporale delle promesse fatte. Come abbattere subito il 30% dell’IRAP? Come svincolare i fondi per tutte le scuole italiane? Che ne è del vincolo del 3% del rapporto debito - Pil? Se Alfano va in Europa dalla Merkel, perché Renzi va a Tunisi?

Questo sembra ogni giorno di più un Governo di legislatura nato per durare. Nato male, deve continuare bene. Se vivacchierà tra i neo Scilipoti, le incursioni neo grilline, un valzer impazzito di numeri che non tornano, il logoramento sarà certo. L’unica cosa che non possiamo permetterci.

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Salvare l'Europa: come uscire dal debito e dalla stagnazione

Venerdì 26 febbraio 2016
Sala Viglione, Palazzo Lascaris
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Torino

Presiede: Magda Negri

Intervengono: Davide Gariglio, Mercedes Bresso, Alberto Majocchi, Enrico Morando

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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