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Magda Negri

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Segnaliamo questo articolo di Enrico Letta

 Il Riformista, 22 agosto 2007 - POLEMICHE. IL PARTITO DEMOCRATICO NON RIMUOVA LA LEZIONE DI QUEL
DECENNIO - Enrico Letta

La generazione degli anni '80 deve ritrovare la politica.

Torno sul tema degli anni '80. Lo faccio perché ritengo che Paolo Franchi abbia colto il punto vero della questione nel suo editoriale di lunedì. Il tema non è per gli storici né per la satira di costume sui paninari e la Milano da bere. La discussione su quel decennio riguarda la politica di oggi. E la rimozione di quel decennio riguarda il Partito democratico.

Penso sia chiaro che il mio giudizio su quegli anni, pur tra inevitabili distinguo, è nettamente positivo. E che il filo rosso
che lega i vari punti su cui si basa questo giudizio positivo è connesso al superamento delle ideologie. Questo argomento mi sembra fondamentale anche per la discussione su quel che è successo dopo gli anni Ottanta.

È infatti attorno al post-ideologico che si sono formate generazioni intere. E questo mi pare importante non per un mero richiamo generazionale. (So benissimo quanto siano vacui questi richiami e, comunque, ritengo che quella generazionale sia una parte, non esaustiva, della questione). È importante per capire perché la gran parte di queste generazioni sia rimasta fuori dalla politica di oggi in Italia. La stessa cosa non è avvenuta nel resto d'Europa. Dove, anzi, la politica vede oggi protagonisti i giovani che si sono formati negli anni '80, quelli della fine della guerra fredda, della libertà a Est, della caduta di Pinochet e della cessazione dell'apartheid.

In Italia no. Quella generazione è rimasta ai margini. E tutto sommato non sembra neanche soffrirne troppo; preferisce, di
conseguenza, impegnarsi in campi professionali o creativi diversi dalla politica.


Le ragioni di tutto questo mi paiono in parte legate ai meccanismi
di cooptazione e alla gerontocrazia che accompagnano la politica
italiana, di cui l'attuale legge elettorale a liste bloccate è una
delle espressioni dirette. Ma credo che un contributo fondamentale
l'abbia dato anche una ricostruzione posticcia e virtuale dello
scontro ideologico, tipica del tempo che abbiamo vissuto. Lo scontro
furibondo - in gran parte costruito ad arte da Silvio Berlusconi
attorno alla necessità di dividere l'Italia attorno alla sua
persona - ha giocato un ruolo non secondario in queste dinamiche.
Anticomunismo e antiberlusconismo sono stati in questi anni il
tentativo per l'appunto di costruire un surrogato dello scontro
ideologico vero. Quando faccio riferimento agli anni '80 e alla mia
generazione non voglio quindi svilire il tema; mi preme però
spiegare uno dei motivi della lontananza dalla politica di oggi di
una parte della nostra società che potrebbe dare un contributo
importante.
La mia candidatura vuol provare a parlare anche, e non solo
certamente, a quella generazione. Per convincerla a impegnarsi nella
politica di oggi. Sapendo che sarebbe utile e importante per il
nostro paese come lo è stato per gli altri in Europa. Ma sapendo
soprattutto che questo può avvenire solo se in Italia approdiamo
finalmente a una politica post-ideologica. A superare, cioè, le
ideologie vere e il loro surrogato che abbiamo vissuto in questi
anni, a destra come a sinistra.
Concentrarsi sui problemi, su come risolverli e su quali priorità
dare alle soluzioni: se questo fosse il dna del Pd e se il Pd fosse
il partito motore della democrazia italiana, allora forse vorrebbe
dire che anche l'Italia ce l'ha fatta.

 

 

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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