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Magda Negri

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Il Riformista, 19 ottobre 2007

Il relativismo non c'entra - C'entra il pluralismo etico - Claudia Mancina

La Chiesa, e quindi l'Osservatore romano, hanno sicuramente il diritto di esprimere pareri e formulare giudizi su tutti i fatti e gli eventi della vita pubblica italiana, anche su una sentenza della Corte di Cassazione. Tuttavia potremmo chiedere un po' più di rispetto per la suprema corte, e insieme un po' più di rispetto per il pubblico, cioè per noi tutti. Rispetto significa attenersi alla realtà e non fare ad arte confusione tra cose diverse. Nel riaprire il processo sulla sorte di Eluana Englaro, la Cassazione non ha espresso un orientamento all'eutanasia. È assolutamente fuorviante parlare di eutanasia a proposito del rifiuto delle cure: lo scambio, voluto, ha evidentemente lo scopo di proiettare tutta la problematicità dell'eutanasia su una questione molto più semplice e circoscritta, sulla quale il consenso dell'opinione pubblica è tendenzialmente molto più alto, come si è visto nella recente emblematica vicenda di Welby.

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Non è vero che nella sentenza, e in generale nella spinta attuale al riconoscimento del diritto di rifiutare qualunque trattamento sanitario, comprese l'idratazione e l'alimentazione, si esprima un cedimento all'eutanasia: si tratta solo di prendere atto che oggi la fase terminale della vita solo raramente è un processo naturale, e quindi va riportata nell'ambito della capacità di scelta e della libertà di decidere del paziente, che peraltro è sancita dalla nostra Costituzione. Anche sull'eutanasia volontaria, peraltro, sarebbe possibile e opportuno affrontare un dibattito sereno, come del resto sta avvenendo in molti paesi europei. Tuttavia è chiaro che si tratta di un tema scabroso: lo testimonia la decisione presa dal parlamento spagnolo, compresi i deputati socialisti, di non affrontare oggi una proposta di legge sul tema, presumibilmente per non creare nuove tensioni a poca distanza dalle elezioni politiche del 2008. La scelta, già sperimentata con Welby, di schiacciare il rifiuto delle cure sull'eutanasia risponde dunque a una logica di battaglia estrema, basata sull'idea che sia in gioco l'umanità stessa e che solo la Chiesa la possa difendere, battendosi contro un supposto relativismo che mortificherebbe la dignità umana. Ma proprio qui si palesa un macroscopico errore di prospettiva. La dignità non è un attributo del corpo biologico, ma sta nella coscienza e nella libertà che costituiscono il destino - spesso tragico - dell'essere umano. Il relativismo non c'entra nulla; c'entra invece il pluralismo etico, che è un fatto e perfino, con buona pace dei cattolici, un fatto positivo. Solo le società teocratiche o totalitarie possono essere omogenee dal punto di vista etico. In regime di libertà è del tutto inevitabile che vi siano diverse etiche, e non una sola. La Chiesa non ha il monopolio dell'etica, e la società moderna non è una società disumanizzata, ma - fortunatamente - una società pluralista: cioè una società in cui si confrontano diverse idee su che cos'è l'umanità e il suo destino. È del tutto normale che la legge e i tribunali riflettano questa realtà.Il pluralismo in realtà garantisce tutti (compresi i cattolici) senza impedire a nessuno di seguire le proprie convinzioni né di sostenerle pubblicamente criticando e anche combattendo - con le forze della ragione e dell'argomentazione - quelle degli altri. Per questo il pluralismo richiede un solo requisito: il rispetto degli altri, pur nel convinto sostegno delle proprie idee. Quando si fa ricorso a qualunque argomento, pur di avere la meglio, si viene meno a questo rispetto. Confondere il rifiuto delle cure con l'eutanasia, il pluralismo con il relativismo, è un gioco scorretto, che non fa onore a chi lo pratica. E mostra una certa cattiva coscienza: come se si temesse - restando sul terreno del confronto corretto tra diversi modi di pensare - di non avere abbastanza presa sull'opinione pubblica, e forse soprattutto sui suoi rappresentanti politici. È alla politica infatti che si rivolgono queste intemerate. Non ci resta che sperare che la politica sappia rispondere con serenità e con spirito di responsabilità.

 

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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