header

Magda Negri

header

Articolo su Riformista 17 novembre - Prodi dà una spallata alla sindrome del ’98  
 
Doveva cadere ma non è caduto. E non si è soltanto limitato a limitare i danni di una sconfitta che non c’è stata. Ha fatto di più, Romano Prodi. È riuscito a ottenere una grande vittoria, l’altra sera al Senato. Tra i molti se (Dini e compagnia) e gli altrettanti ma (Bordon e compagnia) sul futuro, Romano Prodi può vantare nel suo palmares uno score che mancava dal 2003: vedersi approvata la Finanziaria senza essere ricorso alla fiducia. L’ultimo a riuscirci, ovviamente, era stato Silvio Berlusconi, quattro anni or sono.
Ieri, nel day after l’ultima battaglia del Senato, il Professore ha ripensato al ragionamento che, sin dal giorno del suo ritorno a palazzo Chigi, fa periodicamente coi suoi fedelissimi. «La notte andiamo sempre a dormire come se dovessimo andarcene il giorno dopo. E il giorno dopo, puntualmente, siamo sempre in sella». (leggi tutto)

In sella Prodi c’è ancora, probabilmente più sicuro di prima. Lo si capisce anche dal fatto che non ha problemi - come ha fatto ieri nella gran giornata di dibattito sulla legge elettorale - a lasciare la scena agli altri. E poi, incredibile ma vero, sembra quasi che non si stizzisca più. Di fronte a una salita che sembrava inaffrontabile, ha pedalato in silenzio, sguardo immobile, passo costante, nessuno scatto. Tutti a dire «ora crolla», tutti smentiti dal referto arbitrale di Franco Marini, che ha chiuso la seduta di giovedì con un liberatorio «il Senato approva».
Il disco verde di palazzo Madama, e soprattutto il modo in cui è maturato, modifica tutti gli scenari elaborati nell’ultimo mese e mezzo. Anche nel rapporto tra la leadership forte del Pd e l’inquilino di palazzo Chigi. Per questo, ieri mattina, Veltroni e Franceschini sono andati da Prodi per fare il punto - insieme anche ai vicepremier D’Alema e Rutelli e ai capigruppo Finocchiaro e Soro - sul «piano B». Che, almeno per adesso, è un piano condiviso: monetizzare il rafforzamento del governo, allargare il fronte del dialogo sulle riforme (legge elettorale in primis), mettere in un angolo Silvio Berlusconi. E dopo che il neo segretario del Pd ha convocato una conferenza stampa per invitare il Cavaliere al “tavolo”, santificare il fallimento della spallata e qualificare il 2008 come l’anno delle riforme (e non più del possibile ritorno alle urne), palazzo Chigi ha messo a verbale la sua «piena condivisione». Anche perché Veltroni aveva appena liquidato il tema «rimpasto» come «una cosa che compete esclusivamente al presidente del Consiglio e non alle forze politiche». Una cosa per cui, parola di Walter, «in questo momento non vedo sollecitazioni».
Evocare l’archiviazione definitiva del «dualismo» Romano-Walter forse è prematuro. Ma che qualcosa sia cambiato, lo si evince da come l’ultraveltroniano Giorgio Tonini declinava ieri sera “il tema Prodi”. «Nulla è per sempre, certo. Ma è indubbio che dagli ultimi giorni Prodi esca davvero molto rafforzato».
E ancora, sempre Tonini: «In Senato, negli ultimi giorni, si è aperto uno spiraglio. Mi riferisco al nuovo spirito di collaborazione tra la sinistra riformista e la sinistra massimalista. Guardate ad esempio quello che è successo sull’emendamento-precari, votato con convinzione sia da D’Amico che da Russo Spena. Se Prodi fa tesoro di tutto questo, allora andrà davvero lontano.
È la dimostrazione di come il Pd con una leadership forte, che va avanti senza l’ossessione di nuove elezioni, alla fine si rivela fondamentale, e non dannoso, per il governo». Sul fronte prodiano, anche uno che notoriamente non fa sconti a Veltroni, come il deputato Franco Monaco, ammette: «La scelta di una leadership forte del Pd, quando Romano avrebbe preferito uno speaker, arrivava nel peggior momento per l’esecutivo. Un certo dualismo tra i due è nelle cose. Soltanto che da “problema” potrebbe trasformarsi in “opportunità”. Soprattutto ora che il momento buio per il governo è alle spalle». Significativo, infatti, che l’osservatorio di palazzo Chigi non avvisti più il pericolo “pugnalata alle spalle”. E sismografi prodiani non registrano, ormai da tempo, le avvisaglie di un altro ’98. Anzi, spiega sempre Monaco, «quella lezione ci torna utile oggi. L’ottobre del ’98, per come è stato percepito anche dagli italiani, ci rende immuni dal quel tipo di rischio». Veltroni non farà il D’Alema.
E D’Alema, che in dote al governo del Professore ha portato anche la moratoria Onu sulle esecuzioni capitali, viene considerato dai prodiani di stretta osservanza «il ministro più sincero e leale». Nell’agenda del Professore, per il mese di gennaio, ci sono «risanamento, ricerca e riforma della pubblica amministrazione». Ancor prima, il governo conta di varare la terza lenzuolata di liberalizzazioni firmata Bersani. Ma i rischi non mancano e, su tutti, ce n’è uno: il destino del protocollo sul welfare che, complice Dini (e, perché no, Mastella), potrebbe riaprire ferite a sinistra. Poi c’è la delicatissima partita sulla riforma elettorale, all’ordine del giorno del mega convegno di ieri organizzato dalla Fondazione Italianieuropei. Le differenze nell’Unione, divisa tra ultras del tedesco puro e fan della variante spagnoleggiante, rimangono. Dalle parti di Prodi, il Vassallum non fa fare salti di gioia anche se - come dice uno strettissimo collaboratore del Prof - «da una base bisogna pur partire». Intanto c’è Dini che invoca un Marini premier in caso di crisi (ieri a Otto e mezzo). C’è Veltroni che aspetta una chiamata di Berlusconi.
E Prodi che, nonostante tutto, pedala «in silenziosa velocità». Come la canzone che Paolo Conte ha scritto per l’ultima edizione del Giro. «Una bella bici che va / silenziosa velocità / sopra le distanze le lontananze starà..». Venti dell’Ulivo del ’95? Chissà. Intanto, un po’ di Ulivo tornerà a spuntare lunedì. Nel simbolo del nuovo partito, quello con la P e la D. Entrambe stilizzate.
Tommaso Labate
17/11/2007

Cerca nel sito

Podcast

Appuntamenti

Salvare l'Europa: come uscire dal debito e dalla stagnazione

Venerdì 26 febbraio 2016
Sala Viglione, Palazzo Lascaris
Via Alfieri 15
Torino

Presiede: Magda Negri

Intervengono: Davide Gariglio, Mercedes Bresso, Alberto Majocchi, Enrico Morando

Leggi tutto...

Videoblog



Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

Ultime da Facebook

Il mio partito

Partito Democratico