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Magda Negri

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Il Riformista, 4.1.08 - Cattolici - Il mondo è cambiato. Lo dice Habermas, non io - di Alfredo Reichlin

Ringrazio per l'attenzione riservata al mio articolo su L'Unità e cerco di chiarire meglio il mio pensiero. Io non penso affatto di mediare tra fedi e principi assoluti. Per stare nello stesso partito l'importante non è che io creda nel Paradiso ma che sia io che Franceschini siamo convinti dalla necessità storico-politica di unirci per impedire la decadenza dell'Italia e per dare ad essa un nuovo posto nel mondo. Detta così non è poi nemmeno una grande novità. È accaduto altre volte nella nostra storia.(leggi tutto)

 Ma dov'è oggi il
problema e dove sta la sua difficoltà? Sta (se vogliamo discutere
seriamente) nel fatto che la politica è come evaporata mentre la
nuova storia che si sta spalancando davanti all'umanità pone alle
coscienze di tutti - e non solo a quelle religiose - problemi etici
e interrogativi nuovi. Non è in discussione la laicità dello Stato,
il quale nella sua autonomia è il garante della libertà di tutti e
della pari dignità delle opinioni, e quindi non conosce "verità
ultime". È altro. È come inverare in sistema di diritti e di libertà
in un mondo in cui la politica è ridotta a sottosistema di questo
tipo di economia mondializzata.
Dove i diritti di cittadinanza garantiti nel passato dai poteri
dello Stato nazionale, la creatività degli individui e il libero
sviluppo delle relazioni sociali e culturali sono totalmente
subordinate allo scambio economico. Di fatto, alla capacità di
consumo di ognuno. Altro che le ingiustizie sociali di una volta.

(segue dalla prima pagina)

Da comunista non pentito e non credente
cerco un nuovo dialogo coi cattolici

Si è creato così quel grande smarrimento e quel vuoto di significati
che rende incerto il futuro. E a me sembra strano che Salvadori non
capisca quello che ci stanno dicendo da tempo uomini come Habermas
(non solo Reichlin) e cioè che sta qui la ragione per cui le
religioni escono dal privato ed entrano nello spazio pubblico. Il
che non comporta necessariamente ridurre l'autonomia dello Stato. E
vorrei dire perché trovo questo atteggiamento preoccupante. Perché a
che punto si sarebbe ridotto il grande pensiero laico, quello che ha
fatto la Rivoluzione francese ed elaborato i diritti dell'uomo, se i
suoi eredi pensassero che fenomeni clamorosi e impressionanti come
il fondamentalismo islamico, il neo conservatorismo religioso
americano o come certe spinte integriste del Clero italiano
sarebbero figlie di cedimenti di qualche laico pentito. Io non sono
di questo parere. E sento invece il bisogno che culture e concezioni
ideali diverse non solo convivano ma comincino ad ascoltarsi così da
mettersi in grado di leggere e interpretare il mondo, questo mondo:
cosa che le vecchie culture del Novecento non sono più in grado di
fare.
Naturalmente lo stesso cimento vale per i cattolici. Ho ritrovato un
vecchio testo di Beniamino Andreatta che partiva dal fatto (son
parole sue) che nei prossimi decenni la popolazione del pianeta
raddoppierà nelle metropoli e nelle bidonville dell'Asia e
dell'Africa, le riserve sfruttate nei millenni precedenti
riveleranno i loro limiti fisici e quantitativi, la stessa
valorizzazione della terra da parte dell'uomo non potrà essere
condotta secondo l'ordine politico esistente. C'è allora bisogno -
diceva Andreatta - di una diversa capacità di pensare la Politica e
di progettarla secondo un ordine mondiale che possa essere
alternativo rispetto allo Stato Nazionale. Occorre - aggiungeva
questo leader cattolico - non ritirarsi nella privatizzazione della
fede e assumere nuovo coraggio, affrontare i mutamenti sociali e
soprattutto mirare ad un ordine costituzionale mondiale che sia
rispettoso dell'uomo, in cui il cristianesimo si presenti, accanto
alle altre fedi, culture e religioni, con la sua forza universale, e
quindi come l'elemento legittimante di questa costruzione di un
nuovo ordine mondiale. È quando manca lo Spirito - così concludeva -
che non rimane altro che rifugiarsi nelle esperienze passate. Ma
quando lo Spirito alita, allora nella storia si cerca di costruire
ordini che corrispondono alla dimensione dei problemi.
Queste sono le sfide. Io non credo che noi possiamo limitarci a
rispondere con l'anticlericlarismo della Rosa nel Pugno ( 3% dei
voti) e nemmeno con la costituente di Bertinoro, cosa utile ma
insufficiente. È tutto qui il mio pensiero di comunista non pentito
e, per di più, non credente. E quando assisto a certe dispute provo
una forte nostalgia per Gramsci e per Togliatti. Allora il grande
problema storico (non ideologico) era molto diverso da adesso, ma
una qualche analogia c'è. Allora bisognava dare una base democratica
e quindi di massa allo Stato italiano dopo il fascismo. Bisognava
quindi coinvolgere le masse popolari, in larga parte cattoliche.
Gramsci aveva salutato la nascita del Partito Popolare di Don Sturzo
come il più grande fatto politico dell'epoca e addirittura come il
barlume di quella riforma religiosa (un rapporto più libero tra il
credente ed il potere ecclesiastico) che l'Italia non aveva
conosciuto mai. Togliatti votò l'articolo 7 (la
costituzionalizzazione del Concordato) e al tempo stesso creò un
partito di massa aperto ai cattolici in quanto chiedeva solo una
adesione al programma e non ad una ideologia materialista. La
conseguenza fu che Macaluso ed io assistemmo a quel fenomeno
straordinario per cui i fulmini della scomunica papale contro i
comunisti furono del tutto ignorati non solo dagli uomini ma dalle
donne che costituivano il mondo popolare. Il più grande smacco di un
Papa reazionario. E i comunisti crebbero in iscritti e in voti. Non
così i socialisti.
Perché ricordo queste cose? Non perché la situazione attuale sia
analoga. Tutto è cambiato. Quello però che è restato aperto è il
grande problema della tenuta dello Stato italiano: insomma quella
crisi della democrazia su cui non torno. Sono quindi io che chiedo a
voi, amici miei, come mai non vi rendete conto che l'impresa più
importante nella quale oggi impegnarsi è quella di organizzare un
nuovo grande processo unitario. Chiedetevi anche voi come si possano
garantire i diritti se l'Italia cessa di essere una nazione e
diventa un luogo delle consorterie e delle piccole patrie nemiche
tra loro. E domandatevi anche voi come si possano difendere i
diritti del lavoro se le società moderne si trasformano in società
di mercato. Non basterà fare appello ai sacri principi dello Stato
laico. Quali forze noi mettiamo in campo? Quali strumenti materiali
ma anche morali capaci di dare vita ad un nuovo umanesimo?

 

 

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Salvare l'Europa: come uscire dal debito e dalla stagnazione

Venerdì 26 febbraio 2016
Sala Viglione, Palazzo Lascaris
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Presiede: Magda Negri

Intervengono: Davide Gariglio, Mercedes Bresso, Alberto Majocchi, Enrico Morando

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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