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Magda Negri

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Ha ricordato Giuseppe Fioroni che Umberto Veronesi è stato ministro  della sanità nel governo Amato e non ha introdotto l'eutanasia né fatto altre opere del demonio. E ha osservato che nove radicali eletti in parlamento su trecento previsti per il Pd non cambieranno la natura del partito. Vedremo domani alla riunione di diversi gruppi cattolici del Pd se questa natura sarà riconosciuta nel partito plurale, delle reciproche tolleranze e della convivenza, implicito nei giudizi di Fioroni e Carra e comprovato dalla tradizione popolare e democristiana; oppure se qualche gruppetto, anch'esso di estrema minoranza, metti qualche teodem, pensa a un partito monoculturale dove all'intolleranza seguirebbe la non convivenza.

Alla senatrice Binetti mi permetterei di ricordare che anche lei è
entrata come minoranza in un partito pluralista già consolidato, la
Margherita; e che quel partito (salva l'adesione finale di Rutelli
all'astensionismo di Ruini nel referendum sulla legge 40), dichiarò
liberi i suoi iscritti ed elettori di votare secondo coscienza.
Alcuni di loro furono per l'abrogazione della 40, altri per
l'astensione.
Questo giornale ospitò tutte le opinioni e ne alimentò il confronto,
dando prova di un partito pluriculturale, prima che nascesse il Pd.
Che la voce di sessanta parlamentari popolari dell'ex Margherita,
favorevoli all'autonomia della politica, si sia resa ultimamente
fioca, è per l'avvenire del Pd un problema molto più vero che non
l'angoscia (ma di chi?) di ritrovarsi compagno di viaggio lo
scienziato benefattore Veronesi, che fu "testimonial" pro referendum
così come la Binetti fu "testimonial" anti-referendum. A me
queste "angosce" ricordano quelle di sessant'anni fa, quando nella
Dc, nel Pli (e nel sud perfino nel Pci) c'erano i monarchici e i
repubblicani, che per qualche tempo si lacerarono le vesti, ma dopo
il referendum ripresero a lottare insieme nei propri partiti, per i
nuovi problemi.
Come quelli sulle lobby e sullo sviluppo, che Mario Monti
rimproverava al dibattito politico di trascurare.
Spero che uomini e storie impegnati a fondare realtà nuove si
conoscano meglio. Fossi la senatrice Binetti, mi toglierei la
curiosità di chiedere al suo collega (in uscita dal senato) Valerio
Zanone chi era Vittorio Badini Confalonieri, torinese anche lui:
apprenderà che era il presidente del partito liberale, succeduto al
maledictus (definizione già usata per Spinoza) Benedetto Croce, ed
era un ultracattolico subalpino, padre di undici figli. Undici.
Vede, senatrice, com'è varia e sorprendente l'Italia? Più indietro
negli anni, la senatrice potrebbe sorprendersi scoprendo che
l'anticristo di cui trattasi, detto anche filosofo della libertà,
nel suo discorso inaugurale dell'assemblea costituente invocò il
Veni creator Spiritus: così come due anni dopo fecero a Santa Maria
sopra Minerva i cinquecento eletti dc del 18 aprile, a messa
conclusa, prima di raggiungere camera e senato. Perché lo spirito
religioso – ha dovuto ricordarlo in questi giorni Marco Pannella, un
liberale che "sa di bucato", come scriveva Montanelli – non è
privilegio di una bandiera; ma, mitologie a parte, alberga anche nel
più laico degli spiriti laboriosi. Sappiamo che, ciononostante,
gli "storici steccati" sono duri a cadere perfino in uomini di
eccezionale intelligenza e moralità, quale era il cattolico veneto
Guido Gonnella, proprio quello degli Acta Diurna dell'Osservatore
romano contro il fascismo: eppure, all'indomani della liberazione di
Roma, si oppose alla nomina del filosofo della libertà a presidente
della ricostituita Accademia dei Lincei (vedi ultimi saggi del
gesuita padre Sale). Vecchissime storie, certo: ma, siccome sono
alle origini della nostra attuale democrazia e coloro che oggi
realizzano il Pd ne sono figli e nipoti, ogni tanto meminisse
iuvabit.
In Italia, dove la repubblica democratica ha vinto contro le opposte
pretese di una "repubblica socialista" alla Togliatti" e di
una "repubblica cristiana" alla padre Lombardi, il risultato fu
possibile perché gli elettori e i dirigenti cattolici e non
cattolici della Dc furono più forti dei clericali. L'Italia diventò
moderna, laica, sviluppata, pluriculturale, occidentale in senso
pieno, anche se il revanscismo non ha mai smesso di sognare
la "riconquista": come si vide nell'ostracismo alla cultura del
Mondo (appena ricordata da Europa) e al partito radicale che osava
riproporre conquiste come il divorzio: che da ottant'anni
aspettavano nei disegni di legge in parlamento.
Fino ad oggi, la "riconquista" è stata impedita grazie anche a
quella parte dei cattolici, fortunatamente maggioritaria, che non ha
mai confuso tra messaggi evangelici, dogmi della gerarchia,
conflitti culturali ed esperienze storiche. La chiave del successo
politico dei cattolici nella repubblica sta nel non essere mai
diventati il partito del papa. Faremmo bene a ricordarcelo
rileggendo i discorsi di De Gasperi del decennio della sua
leadership, 1944-54. Dell'«integralismo cattolico» (così lo
chiamava, a pagina 259 dei Discorsi politici, ed. Cinque Lune 1956),
diceva: «Sfugge forse anche a taluno di noi che, come politici,
veniamo non solo da una dottrina, ma anche da un'esperienza storica:
complessa e non sempre logicamente rettilinea. La concezione
cristiana della politica conosce de Maistre, de Bonnald, Veuillot,
ma veneriamo anche Lecordaire, Montalembert, de Tocqueville che
scoprì il duplice senso della Rivoluzione francese (giacobino ed
evangelico), come del resto lo illustrò da noi Manzoni e come lo
sentirono i neoguelfi del risorgimento, quando, insieme ai liberali,
prepararono le nuove costituzioni».
Parole che, fossi Veltroni, scolpirei nel salone d'ingresso del
loft. Se tutti le leggessero, svanirebbero un po' le "angosce" per
la candidatura di Veronesi e per l'accordo con Pannella: perché
quello che oggi si tenta di fare tra fede e scienza, liberalismo e
socialismo, cattolici e laici, religiosi credenti e religiosi non
credenti è soltanto la continuazione (in piccolo) di grandi cose
realizzate in due secoli di incontri e scontri tra queste realtà
progressive.

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Salvare l'Europa: come uscire dal debito e dalla stagnazione

Venerdì 26 febbraio 2016
Sala Viglione, Palazzo Lascaris
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Presiede: Magda Negri

Intervengono: Davide Gariglio, Mercedes Bresso, Alberto Majocchi, Enrico Morando

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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