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Magda Negri

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La Stampa, 15 Gennaio

Ha fatto un certo scalpore la notizia, peraltro ampiamente prevedibile e prevista, che per il 2009 pagheremo ancora più tasse che per il 2008. Secondo il Corriere Economia il cosiddetto «Tax freedom day» - ossia il giorno di liberazione dalle tasse, in cui finalmente cominciamo a lavorare per noi stessi anziché per lo Stato -si è spostato di altri 2 giorni in avanti: quest'anno dovremo aspettare fino al 23 giugno, un vero record (dall'Unità d'Italia a oggi solo il governo D'Alema, nel 2000, riuscì a fare peggio).

Né possiamo consolarci pensando che le cose siano destinate presto a cambiare: anche per i restanti anni della legislatura il Dpef prevede una pressione fiscale costante, attestata intorno al 43%, nonostante il programma elettorale del centro-destra confidasse in un calo della pressione fiscale di almeno 3 punti di Pil, dal 43% al 40%.

Qualcuno, come Alberto Mingardi sul Riformista, interpreta questo
ennesimo raffreddamento dell'anima liberale del centro-destra come la
conferma definitiva della fine di una stagione, la stagione iniziata
nel 1994 con Berlusconi leader di una destra anti-fiscale, campione
della società contro lo Stato, dell'individuo contro la burocrazia
degli apparati. Rispetto alla coppia libertà-sicurezza, il centro-
destra attuale penderebbe sempre di più verso la sicurezza, l'ordine,
la tradizione. Forse è così, ma quel che è interessante è che i
risultati non si vedono nemmeno lì.

Naturalmente non è colpa di un governo appena insediato se gli
sbarchi raddoppiano, la criminalità è ai massimi storici (superata
solo dal picco post-indulto del 2007), l'affollamento delle carceri è
tornato a livelli drammatici, gli stessi - circa 60 mila detenuti per
43 mila posti - che nel 2006 indussero il povero Prodi a promulgare
l'indulto. Però è difficile sfuggire all'impressione che il governo
non sappia come gestire la situazione, nonostante l'impegno di
Maroni: i posti nelle carceri sono sempre quelli, quelli nei Cpt -
paradossalmente - sono destinati a diminuire proprio a causa
dell'aumento dei tempi di permanenza (se un clandestino viene
trattenuto 10 mesi anziché 2, la capacità di accoglienza si riduce
proporzionalmente). Nel programma si parlava di «costruzione di nuove
carceri», «aumento delle risorse per la giustizia», «garanzia della
certezza della pena», tutto fa pensare invece che nel 2009 il governo
sarà costretto a nuovi provvedimenti di emergenza, presumibilmente
destinati a scattare l'estate prossima, quando le presenze in carcere
(e forse anche nei Cpt, ora ridenominati Cie) toccheranno livelli
insostenibili.

Ma non è tutto. I cavalli di battaglia elettorali del centro-destra
non erano solo la riduzione delle tasse e la lotta a criminalità e
immigrazione irregolare. C'era anche un terzo cavallo di battaglia,
che stava particolarmente a cuore alla Lega e
all'elettorato «padano»: l'adozione da parte del Parlamento nazionale
della proposta di legge sul federalismo fiscale della Regione
Lombardia (votata il 19 giugno 2007). Pure questo cavallo è nel
frattempo caduto, anche se pochi se ne sono accorti: la «bozza
Calderoli», che ha sostituito la proposta lombarda, è un drammatico
passo indietro rispetto al progetto originario, e infatti ha ottenuto
il consenso di tutte le forze che in origine si opponevano al
federalismo, soprattutto governatori del Mezzogiorno e importanti
settori della sinistra. Per non parlare dei recenti ripianamenti dei
deficit di Catania, di Roma, della sanità laziale, o della
costosissima conclusione di vicende come Alitalia e Malpensa. È
grazie a questo genere di passaggi che il federalismo, che in origine
era un'opportunità per diminuire la spesa e le tasse, ha oggi molte
più probabilità di aumentarle entrambe.

Uno-due-tre: meno tasse, più sicurezza, federalismo «lombardo». Su
queste tre cose, a mio giudizio le più qualificanti (anche se non
necessariamente le più condivisibili) del programma di centro-destra,
non si vede proprio come Berlusconi abbia la possibilità di onorare
le promesse. Ciononostante il consenso a Berlusconi resta molto alto,
anche se da qualche tempo in calo. Perché? Per due ragioni almeno. La
prima è ovvia: il tradimento del programma per ora è evidente solo
sul versante delle tasse, e in questo momento - con la recessione
economica incombente - la gente chiede più protezione, non più
libertà. I guai veri verranno se e quando esploderà il problema delle
carceri e il federalismo, nonostante l'uscita dalla recessione, si
mostrerà incapace di ridurre davvero le tasse e la spesa.

Ma la ragione più importante del perdurante consenso del centro-
destra è un'altra: il Pdl non ha seri nemici a destra, esattamente
come il Pci non ne aveva (e non ne tollerava) a sinistra. È questa la
ragione politica per cui i fallimenti del governo non si traducono in
consenso all'opposizione: federalismo vero, meno tasse, linea dura su
criminalità e immigrazione sono «missioni» che interessano una parte
considerevole dell'elettorato, ma non le forze di opposizione, che
semmai considerano positivo il fatto che il centro-destra stia
annacquando il suo programma. Gridare alle tasse troppo alte, alla
pericolosità delle città, al pasticcio federalista non è congeniale a
un'opposizione che pensa che le tasse siano «bellissime», gli
immigrati «buonissimi», e il federalismo rischiosissimo a meno che
noi illuminati lo rendiamo «equo e solidale». Insomma, il curioso
della situazione è che il centro-destra sta abbandonando le sue
bandiere, ma non c'è nessuno che abbia la voglia o la possibilità di
raccoglierle. Per questo, almeno per ora, Berlusconi può dormire
sonni tranquilli. Un po' meno gli elettori che lo hanno votato
sperando che, questa volta, avrebbe mantenuto le promesse.

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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