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Magda Negri

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Il tragico attentato in Bulgaria nel cuore d'Europa, contro l'autobus di turisti israeliano e la ribellione contro il dispotismo di Assad in Siria arrivata dentro la capitale ci riguardano molto da vicino e non solo per motivi democratico-umanitari.

È desolante constatare come il dibattito pubblico italiano senta sempre lontano da sé, come narrazione estranea ed esotica, le questioni internazionali. Ma il Medioriente è terribilmente vicino e resta il nucleo di irradiazione di diverse strategie verso l'Iran, l'Iraq, la Turchia etc.

Si prepara il giusto ritorno dall'Afghanistan, ma temo che la contesa Israele-Iran prepari un futuro denso di incognite e pericoli se la comunità internazionale non sarà garante di nuovi equilibri e della sicurezza di Israele.

Solo dieci giorni fa nella missione parlamentare delle commissioni difesa di camera e senato in Libano abbiamo avuto una discussione piuttosto accesa con i partiti di maggioranza e di opposizione libanesi , tutti allo stesso modo preoccupati dai confini del Libano sud, peraltro egregiamente presidiati dalla Missione Unifil a comando italiano, e del tutto reticenti, ignari, fintamente inconsapevoli circa le conseguenze della situazione siriana sul piccolo Libano, da sempre tutelato e insieme minacciato dal grande fratello siriano.
In Libano ora è parte organica della maggioranza di governo il partito sciita di Hizballah, quegli stessi che mantengono milizie paramilitari nel Libano sud e che aprirono nel 2006 le ostilità contro Israele.

Davvero difficile per noi occidentali distinguere in quel mondo gli aneliti democratici, i conflitti sociali, il peso delle grandi potenze e le specifiche questioni religiose che si incrociano con questi e determinano tanti sviluppi.
In Medioriente si sta aprendo un grande conflitto tra sunniti e sciiti: gli sciiti guardano all'Iran e i sunniti all'Arabia Saudita, alle potenze del Golfo, all'Iraq etc.

Il piccolo stato multiconfessionale del Libano mantiene per convenzione una divisione etnico-religiosa che risale all'ultimo censimento del 1932 (per paura non ne hanno più fatti altri) e così accade che una sorta di divisione teorica di 50% cristiani e 50% musulmani (a loro volta divisi tra ortodossi, protestanti, maroniti da una parte e sunniti, sciiti e altre confessioni dall'altra) mantiene l'unità nazionale.
Essa è inoltre garantita dalla fissità religiosa delle cariche: il capo delle forze armate e il presidente della repubblica devono sempre essere maroniti; il primo Ministro sempre sunnita; il Primo Presidente del Parlamento sempre sciita; il Secondo presidente del Parlamento greco ortodosso.

Nella nostra missione in Libano oltre alle armi, fatte per non essere usate mai se non in funzione di dissuasione, alle opere civili fatte a vantaggio dei piccoli villaggi contadini, oltre ai presidi di confine della cosiddetta linea blu che separa il Libano da Israele, i nostri giovani soldati ci hanno fatto vedere delle strutture specifiche dove poter resistere con i viveri almeno 4 o 5 giorni, se attaccati, e preparare l'evacuazione dei militari e dei civili.

Le truppe Onu non possono combattere ma solo difendere, speriamo che l'evoluzione drammatica in quel piccolo lembo di terra dove, come ci è stato detto, si combatte la nuova guerra dei cent'anni, non renda necessario l'uso di quelle strutture.

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Salvare l'Europa: come uscire dal debito e dalla stagnazione

Venerdì 26 febbraio 2016
Sala Viglione, Palazzo Lascaris
Via Alfieri 15
Torino

Presiede: Magda Negri

Intervengono: Davide Gariglio, Mercedes Bresso, Alberto Majocchi, Enrico Morando

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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