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Magda Negri

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 La recentissima e molto ritardata Direzione Nazionale del PD che ha deciso di non decidere (si veda il post sul profilo Facebook di Emanuele Macaluso, del 5 luglio) e dove ognuno ha recitato una parte prefissata, sembra già superata dai fatti e da un confuso dibattito sotterraneo. Nella Direzione, Renzi , forse illuminato dall’analisi dei flussi dei voti dal Centro destra al M5S, ha mitigato  il suo primo giudizio sulle vittorie dei 5Stelle come voto non di protesta, ma di ricerca del nuovo (giudizio a caldo che ora il Mov5Stelle sta sfruttando per autocelebrarsi), ma ha relegato al caso per caso ( e quindi non leggibile numericamente) l’esito di almeno due anni di voti amministrativi. Troppo poco. Renzi ha giustamente rivendicato il peso specifico dei vari provvedimenti economici  del Jobs Act e ha respinto ogni prospettiva di neoassistenzialismo, ma fatica a comprendere  (ed io con lui) perché la percezione di massa del tanto lavoro riformista fatto sia così labile, fragile e i cittadini ci oppongano di più la sensazione del disagio, dell’impoverimento temuto, del lavoro che cresce poco. Ci sono cose oggettive che vanno “tarate” nella nostra polemica.

La produttività del sistema Italia resta bassa;  il PIL cresce troppo poco per riassorbire il debito in un contesto internazionale di crisi economica, in un’Europa a rischio di disgregazione. Assistiamo ad una accelerazione nuovissima. Questo non può non influire sui risultati del nostro governo, sulla missione, sulla narrazione, sulla selezione e aggiornamento dell’agenda politica. Renzi ne ha consapevolezza? Da due anni operiamo in una sorta di “riformismo di guerra” con una maggioranza parlamentale risicatissima  e un vergognoso trasformismo parlamentare che ha costretto a votare la riforma elettorale e costituzionale non solo a maggioranza, ma col voto di fiducia. Due anni di prove di forze, di cui credo fossimo consapevoli, ma che volevamo accompagnare  ad una grande offensiva di persuasione, di spiegazione  di coinvolgimento che, a giudicare dai risultati delle amministrative e dai sondaggi, non ha ancora “pagato” elettoralmente.

E veniamo alla “madre” di tutte le nostre riforme. Io sono convinta che la riforma costituzionale, pur non perfetta, meriti un SI convinto, perché sta sul solco di anni di lavoro dei movimenti referendari, dell’Ulivo, giù, giù fino al PDS di Occhetto. L’avremmo voluta condivisa almeno con una parte dell’opposizione , non è stato così per motivi che Berlusconi non ha mai davvero chiarito, come non li chiarì quando fece fallire la bicamerale di D’Alema. Questa riforma merita, almeno nella sinistra, tutto questo accanimento contro? Evidentemente no, c’è in campo la scelta politica di superare il governo Renzi senza andare alle elezioni. Puro politicismo, trappola in cui è caduto lo stesso Renzi quando ha spostato l’attenzione dal merito della riforma alla tenuta del governo e al suo futuro politico. Infine il Partito. La Direzione lo ha semplicemente bypassato, Barca si è dimesso dalla Commissione di merito e Renzi ha detto solo che non vuole le correnti. E allora? Non ci accorgiamo che il partito del leader convive oggi tranquillamente con una fittissima rete di correnti e correntine, filiere, capetti e cacicchi?  In queste ore si moltiplicano le voci ( Pizzetti ad esempio) di significative modificazioni della legge elettorale. C’è davvero ancora tempo e specialmente c’è una maggioranza? Mi sembra che i buoi siano scappati, ormai.

Concentriamoci tutti invece sulla natura dei nuovi populismi europei  e in Italia dei 5Stelle. Qui sta il confronto politico essenziale nel PD. Possiamo in due anni rigenerare il PD, affinare la nostra linea riformista, allargare il fronte e salvare il Paese?  

Sì, salvare il Paese, perché i 5Stelle lo perderebbero.

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Salvare l'Europa: come uscire dal debito e dalla stagnazione

Venerdì 26 febbraio 2016
Sala Viglione, Palazzo Lascaris
Via Alfieri 15
Torino

Presiede: Magda Negri

Intervengono: Davide Gariglio, Mercedes Bresso, Alberto Majocchi, Enrico Morando

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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