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Magda Negri

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Da giorni faccio campagna elettorale per le Primarie nei mercati e la domanda-accusa che mi sento fare più volte è : "Senatrice, perché la prima cosa che avete votato è l'Indulto?".

A una mia compagna di volantinaggi un signore sui 60 anni in piazza Bengasi racconta: c"amminavo in una strada vicino al mercato e sono stato aggredito di pomeriggio. Ho riportato gravi danni a un braccio  e non posso più muovere un dito. L'aggressore era uscito con l'Indulto. Ero di sinistra, ma ora non vi voterò mai più". Una signora  arrabbiatissima mi rinfaccia per prima cosa proprio l'indulto... tento di spiegarle quello che Ricolfi ha esposto in questo intervento di oggi su la Stampa. Ma la gente fa fatica a capire e noi a spiegare.... 

La Stampa, 13 ottobre 2007

Perchè l'indulto ha fallito

LUCA RICOLFI

La sicurezza scotta. Da quando i sindaci delle grandi città - prima Cofferati, poi la Moratti, poi via via gli altri - hanno cominciato a muoversi con una certa decisione, il governo non fa che annunciare misure di contrasto alla criminalità, salvo poi rimandarle a tempi migliori quando stanno per arrivare al traguardo. Il ministro dell'Interno aveva promesso il varo di un «pacchetto sicurezza» entro il 25 settembre, poi rimandato al 12 ottobre, ossia al Consiglio dei ministri di ieri. Il pacchetto prima sembrava dovesse prendere la forma di un decreto, poi è stato prudentemente trasformato in un disegno di legge (campa cavallo...).
Infine ieri, viste le «perplessità» della solita sinistra radical-conservatrice, il Consiglio dei ministri ha rinunciato a discuterne, rimandando tutto a una successiva seduta. Mentre il governo si prende tutto il tempo che vuole, possiamo approfittare dell'ennesima «pausa di riflessione» della casta per fare il punto sui dati di fondo del problema. Il tasso di criminalità in Italia è diminuito costantemente dal 1997 al 2001, ossia durante il primo governo di centro-sinistra. Nonostante questo calo, alla fine di quella legislatura il centrodestra impostò la sua campagna non solo sulla diminuzione delle tasse (promessa n. 1 del «Contratto con gli italiani»), ma anche su quella dei reati (promessa n. 2). Vinte le elezioni, le cose andarono in modo imprevisto: dal 2001 al 2005, durante i primi quatto anni del governo Berlusconi, i delitti sono aumentati costantemente, salvo rallentare la loro corsa a cavallo fra il 2005 e il 2006, giusto alla fine della legislatura scorsa.
Ed è qui che è intervenuto il colpo grosso dell'indulto. Nell'estate del 2006, appena insediato, il nuovo governo di centro-sinistra ha caldeggiato in tutti i modi l'approvazione da parte del Parlamento di un mega-provvedimento di indulto (26 mila beneficiari su 60 mila detenuti), motivandolo sia con il sovraffollamento delle carceri, sia con l'esigenza di rispettare la volontà del defunto papa Wojtyla, che nel 2002 - proprio in Parlamento - aveva chiesto alla politica un gesto di clemenza verso i detenuti. I partiti - tutti i partiti salvo Lega, Alleanza nazionale e Italia dei valori - hanno pensato bene di appoggiare l'indulto, nonostante le sue conseguenze, o forse proprio a causa di esse. L'indulto, essendo esteso ai reati dei colletti bianchi e in particolare a quelli tipici della casta, levava molte castagne dal fuoco al ceto politico, salvando dall'azione penale dirigenti, funzionari, amministratori. Inoltre, dato l'elevatissimo numero di condannati rimessi in libertà, aumentava considerevolmente il numero di future vittime di ogni genere di reati.
E infatti, da quel momento la traiettoria dei reati ha cambiato bruscamente rotta. Molte specie di delitti che stavano finalmente tornando a calare hanno improvvisamente ricominciato a crescere, il numero totale dei delitti ha toccato il suo massimo storico dal 1946, nel giro di appena un anno il numero totale dei detenuti ha di nuovo superato la capienza regolamentare. Quando l'indulto venne varato, né Prodi, né Bertinotti, né Veltroni, né Amato vollero dire una parola sulle sue conseguenze nefaste. Silenzio sul salvataggio dei politici corrotti, nessuna riflessione sul futuro danno inflitto a migliaia e migliaia di cittadini innocenti, nessuna misura concreta per garantire il più rapidamente possibile processi veloci e nuove carceri. Ora Prodi tentenna, Bertinotti ci spiega che la funzione di quel provvedimento era innanzitutto «pedagogica» (sentito con le mie orecchie alla radio!), Amato ci rivela che votò l'indulto «con sofferenza», e Veltroni ci viene a raccontare di aver cambiato idea, «viste le conseguenze». Ma come sarebbe a dire «viste le conseguenze»? Le conseguenze erano perfettamente prevedibili da chiunque ragioni con la sua testa, senza pregiudizi e paraocchi ideologici. E dicendo questo non mi riferisco solo alla situazione della giustizia, o allo stato dell'edilizia carceraria. Mi riferisco a un fatto elementare, a un dato di puro senso comune: se liberiamo 26 mila condannati, ossia più di 1 detenuto su 3, è inevitabile che il numero di persone che saranno vittime di tali scarcerazioni anticipate aumenti. Le vittime, nella stragrande maggioranza dei casi, non saranno però altri criminali, ma cittadini normali, persone innocenti che fanno il loro lavoro, o studiano, o trascorrono la loro vecchiaia, insomma gente che vive e ha diritto alla sua vita. Detto in altre parole, ogni indulto, nonostante la retorica con cui ci viene presentato, non è affatto un atto unilaterale di perdono, che coinvolge solo il perdonante (lo Stato) e il perdonato (gli autori di reati, soggetti a misure di restrizione della libertà).
Ogni sconto di pena è sempre, intrinsecamente, un atto arbitrario di trasferimento di diritti di libertà che coinvolge anche un terzo soggetto, ossia le future vittime. La retorica dell'indulto dice: lo Stato perdona una parte dei detenuti. La realtà dell'indulto dice: lo Stato decide di limitare la libertà di un numero sconosciuto di cittadini «non identificati» (le future vittime) per restituirla a un certo numero di «ben identificati» autori di reati (i detenuti). Ma chi dà allo Stato il diritto di sacrificare tanti cittadini innocenti sull'altare di un principio astratto, di un'idea - magari teoricamente bellissima - di amore e di umana solidarietà? È per questo che a tanti cittadini l'indulto non è piaciuto, non piace e non piacerà mai. Non perché siano assetati di vendetta, o perché non sappiano perdonare, o perché vogliano «punire Caino». Ma perché l'indulto è un atto iniquo, e chi ritiene che ci siano ragioni così forti da renderlo opportuno, o addirittura inevitabile, dovrebbe almeno presentarlo in tutta la sua tragicità, come fa una nazione che decide di mandare i propri ragazzi in guerra. Di fronte all'indulto e alle sue vittime, di cui stampa e tv quotidianamente ci riferiscono, molte persone più che paura provano solidarietà, compassione, pietà. Non perché siamo in un Paese cattolico, ma perché - credenti o non credenti - tutti quanti pensiamo che la vita è una sola, ed è su questa terra che va difesa. Chi mette a repentaglio la vita altrui in omaggio a un calcolo politico, a un'ideologia, a una fede, stenta ad essere capito dai più. L'opinione pubblica non è assetata di sangue, né sogna la vendetta contro Caino: semplicemente, ha occhi anche per Abele, e vede la solitudine in cui l'hanno lasciato.

 

 

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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