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Magda Negri

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Cosa c’è nel sacco della Befana - Chiti ( o Chiti - Prodi) per i bambini buoni e cattivi dell’Unione e del Centro sinistra?
Davvero il carbone del Tatarellum adattato a dimensione nazionale?
Secosì fosse, saremmo davanti ad una duplice difficoltà: da un lato coalizioni di medi, fino apiccolissimi partiti, senza alcuna soglia di sbarramento, che manderebbero definitivamente in soffitta il pilastro riformista del PD, dall’altro – ma questo richiederebbe una modifica costituzionale che abbiamo appena rigettato nel recente referendum a difesa della Costituzione – una “confrontation” iperpresidenzialista fra i due candidati premier, che determinerebbero solo loro la vittoria e il premio di maggioranza.
Questo è almeno ad oggi, il Tatarellum regionale.
Vogliamo anche reimmetterci la preferenza unica? Bene: la Befana porterebbe il carbone della polverizzazione del già claudicante e debole sistema dei partiti.
Amato ha giustamente proposto una convenzione di parlamentari e specialisti.
Ma come ci si va, con ipotesi tutte quante aperte, o c’è un’opzione preferenziale per il maggioritario a doppio turno, per provare a saggiare qualche disponibilità nella Casa delle Libertà, che solo un anno fa ha partorito l’attuale legge delle oligarchie neoproporzionali?

L’unica proposta in campo finora in grado di ridurre la convenienza attuale a moltiplicare partiti e partitini per lucrare uno – due deputati e visibilità mediatica è il referendum Guzzetta che ha promotori necessariamente di tutti gli schieramenti.
LibertàEguale è stata la prima organizzazione ad incontrare il Prof. Guzzetta presso la Cooperativa De Amicis, a Torino, e a tenere una prima discussione con vivace contraddittorio sostenuto da amici come il Prof. Bonnet e il Prof. Adamo sugli effetti possibili del referendum vittorioso.
Come sappiamo questi sarebbero il premio di maggioranza dato al partito più grande e non alla coalizione, l’impossibilità delle candidature plurime e quindi del totale controllo politico sul Parlamento.
Non è mancata la valutazione delle persistenti inadeguatezze: essendo il referendum solo abrogativo, la legge elettorale che risulterebbe dalle parti abrogate ancora non consentirebbe ai cittadini elettori di scegliere i candidati.
Comunque i vantaggi relativi sembrano superiori agli svantaggi.
Ecco perché considero addirittura ingenuamente pretestuose le obiezioni di Rutelli, quando dice che anche il listone del Partito Unitario è a suo modo somma di tanti pezzi all’inizio non omogenei. E’ ovvio che qui si incomincia un processo, non lo si conclude, e conta la direzione di marcia.
E appare francamente imbarazzante l’abbandono un po’ scontroso del Comitato Referendario di Franco Bassanini e di Sandra Bonsanti per Libertà e Giustizia, con la sconcertante motivazione che si sarebbero accorti che gli altri membri del Comitato nazionale sarebbero troppo soddisfatti, anzi compiaciuti, del risultato del referendum nazionale.
Bassanini si accorge solo ora che per le leggi elettorali l’esito referendario deve essere tale da consentire la legittimità del Parlamento e da non lasciare il Paese sguarnito di una Legge Elettorale in grado di funzionare?
Hanno ragione Parisi e Amato, che pure sono fra loro così diversi anche per preferenze sulle leggi elettorali: si raccolgano le firme, non si rimandi.
La pistola (espressione usata dal Ministro degli Interni) deve rimanere sul tavolo perché serve ad indurre il Parlamento ad agire bene e tempestivamente.
Ma quante Befane volano sui bambini buoni e cattivi del Centro Sinistra e, insieme a loro appollaiati sul sacco, quanti fantasmi di un passato che non passa?

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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