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Magda Negri

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L’intervista di Parisi su Repubblica del 6 giugno (riportata nella sezione Leggi Tutto qui di seguito) pone il problema della necessità di affronatre un congresso. Solo Veltroni, il gruppo liberal, e Parisi si sono battuti per il Congresso. Veltroni e Bertinotti avevano deciso per una separazione consensuale fra sinistra radicale e moderata, sperando in un reciproco principio di individuazione e di espansione e /o tenuta su ambiti elettorali diversificati.

Le separazioni consensuali non sono necessariamente drammatiche, ma il risultato ha consegnato la scomparsa parlamentare della sinistra radicale e un 33% del Pd fatto di sinistra storica, di cattolici, democratici veri. Cosa non ha funzionato nelle strategie e nella campagna elettorale? Parisi dice che il PD ha perso perché non si è rappresentato come il partito nuovo che diceva di essere e punta il dito sul “correntismo povero” della nostra forma partito. Non propone però strategie chiaramente alternative.

Non penso onestamente che si potrà continuare in questo modo. Con adattamenti pattizi dentro gruppi dirigenti nazionali. E tutto l’onere della proposta programmatica sulle spalle di un eroico Governo ombra. Da qualche parte si dovrà “strappare”, se si vuole una qualche unità.



  • Walter ammetta la sconfitta politica rompa con il passato o riperderemo
    Repubblica — 07 giugno 2008   pagina 10   sezione: POLITICA INTERNA

    ROMA - «è stata una sconfitta storica. Se ne deve prendere atto. Eppure, a distanza di due mesi questa constatazione non ha ancora trovato un luogo per essere riconosciuta». Arturo Parisi sembra tornare ad indossare più le vesti del professore, dello studioso di flussi elettorale e di fenomeni politici, che quelle dell' ex ministro. Non parla da leader della pattuglia "ulivista" ma da semplice parlamentare del Pd. E lo fa rivolgendosi in primo luogo a Walter Veltroni. Che non vuole ammettere la sconfitta. E, anzi, confida sulla «rivincita». E invece servirebbe una «nuova leadership plurale». Perché parla di "sconfitta storica"? «Perchè è una sconfitta politica, non una sconfitta elettorale. La natura politica della sconfitta appare evidente solo se confrontiamo la risposta degli elettori con la proposta politica messa in campo. E aggiungo se ricordiamo che questa proposta ha due nomi: Veltroni e Bertinotti. Quella che era stata definita e proposta, come una "separazione consensuale" tra la sinistra radicale e quella moderata. Una separazione consensuale guidata dalla illusione che si potesse così allargare il campo». Perché non è avvenuto? «I numeri parlano da soli. La sinistra radicale è scomparsa. Ma il centro, quello che amava proporsi come la sinistra moderata, non è riuscito a proporsi come un punto di riferimento per consensi nuovi. è questa la causa del risultato modesto del Pd. Se siamo riusciti a tenere, è solo perchè gli apporti da sinistra hanno compensato quelli persi al centro o verso l' astensione. Esattamente l' opposto di quello ci si proponeva». E Veltroni ne dovrebbe prendere atto? «Di fronte a questo cataclisma, ognuno ha più domande che risposte. Tutti siamo nel pieno della elaborazione di un lutto. Ma è dal riconoscimento della sconfitta politica che dobbiamo ripartire. E nessuno ha mai elaborato un lutto senza averlo prima riconosciuto. è per questo che mi sento pessimista sul futuro del partito. Il gruppo dirigente propone il futuro come una continuazione del presente» Cioè? «Penso a Bettini e al suo "diritto alla rivincita". La preoccupazione che il riconoscimento della sconfitta chiami in causa le corrispondenti responsabilità soggettive sembra impedirci di analizzare anche la situazione oggettiva nella quale ci siamo cacciati. La paura che si ripeta quel che è successo nel '94 con Occhetto e nel 2000 con D' Alema, quando i due leader sconfitti sentirono la necessità di far derivare dal riconoscimento della sconfitta atti conseguenti, ci costringe a discutere della sconfitta solo in corridoio e a difendere in pubblico una sconfitta evidente come se fosse una vittoria insufficiente». Insomma il segretario del Pd si dovrebbe dimettere? «è proprio pensando al rischio che per non parlare degli sconfitti finissimo per negare anche la sconfitta, che all' indomani del voto volli riconoscere a Veltroni tutto l' onore che meritava e merita per la passione con cui aveva portato avanti la sua battaglia. E questo anche perchè se di responsabilità della sconfitta si deve parlare è questa una sconfitta da imputare a tutto il gruppo dirigente. Ed è per questo che avevo condiviso praticamente da solo la proposta dello stesso Veltroni di aprire un nuovo percorso congressuale che consentisse di verificare la correttezza della linea seguita». In soldoni, serve un nuovo leader? «Non è in discussione Veltroni, ma certamente serve una nuova leadership collettiva. Che, però, può nascere, rinnovarsi o rafforzarsi solo all' interno di un confronto vero. Quello appunto che avevo immaginato cercasse Veltroni con l' apertura di un percorso congressuale. Non è all' insegna della continuità che Veltroni può immaginare di rafforzare la sua guida del partito. Altro che rivincere. Nella continuità non possiamo che riperdere». In concreto il Pd cosa deve fare? Deve ricostruire l' Unione con la sinistra radicale? «Anche il percorso dell' Ulivo era guidato dall' idea di un bipolarismo a vocazione bipartitica ma nel campo del centrosinistra, il Pd era il nome della stazione d' arrivo. Qua invece per errore e impazienza personale siamo scesi alla prima stazione che abbiamo trovato e l' abbiamo chiamata Pd. Il guaio è che quel che non doveva succedere, è ormai successo. Invece di condividere con incoscienza quella che abbiamo chiamato separazione consensuale, sarebbe stato meglio andare ad un confronto programmatico esigente con la sinistra radicale, pronti alla rottura o alla ricerca di una nuova unità riformatrice. Invece ci siamo accontentati di esibire la nostra moderazione attraverso la condivisione del centrodestra, e perchè chiamavamo Berlusconi "il principale esponente dello schieramento a noi avverso". è questo che, al di là delle parole, ha sconcertato gli elettori: quelli che sarebbero dovuti venire da destra e quelli che sarebbero dovuti rimanere a sinistra». Ripeto: qual è la soluzione? «Se non siamo riusciti ad attrarre consensi nuovi è perchè il PD non è riuscito a rappresentarsi come il partito nuovo che diceva di essere. Se questo è vero, ora non ci resta che fare esattamente quello che abbiamo detto che avremmo fatto sapendo di non averlo fatto, chiederci perchè, e riconoscere che è proprio a causa di questo che abbiamo perso. Invece a guardare quel che accade nel partito sembra di tornare al trapassato remoto, con correnti che nascono ogni giorno. Sarebbe questo il partito nuovo che abbiamo annunciato? Come non riconoscere i segni di una scomposizione?». - CLAUDIO TITO Articoli correlati - ARCHIVIO DAL 1984Walter ammetta la sconfitta politica rompa con il passato o riperderemo
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    Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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