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Magda Negri

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Il Sole 24 Ore, 28 settembre 2007 - Il Punto di Stefano Folli -Dall'inutile vertice all'estenuante ricerca del compromesso - Stefano Folli

Non si può non essere d'accordo con quegli esponenti della maggioranza, come il socialista Boselli, che hanno detto: «Basta con i vertici, non servono a nulla ». È proprio così. I summit periodici dei partiti di governo, le riunioni a tarda ora per rimettere insieme i brandelli della coalizione dopo l'ennesima lite sono nella sostanza inutili.

Nella migliore delle ipotesi servono a guadagnare tempo: permettono ai partiti di «confermare la loro fiducia» nel presidente del Consiglio e di rimettersi alla sua «mediazione ». Ma non esisteva già un impegno solenne in tal senso, certificato al vertice di Caserta all'inizio di quest'anno? Allora si disse con una certa enfasi che Romano Prodi avrebbe deciso d'autorità sui dissidi politicoprogrammatici che fossero insorti nella compagine. Mai più lo spettacolo di ministri rissosi e di partiti che si contestano l'un l'altro. Il premier avrebbe spento i fuochi sul nascere, restaurando il senso di una leadership e mettendo il governo nella condizione di operare in un silenzio operoso.


Come sono andate le cose lo vediamo ogni giorno. L'altra sera
Palazzo Chigi ha chiesto 48 ore per dirimere il contrasto sulla
legge finanziaria e rispondere alla sinistra radicale che chiede le
tasse sulle rendite e la fine degli sgravi alle imprese. Ha ottenuto
il rinvio perché nessuno ha davvero voglia di rompere il patto di
governo: quanto meno, non ha voglia di assumersene la
responsabilità. Ma è evidente che queste 48 ore non restituiranno
alla maggioranza la coesione politica persa da tempo. Si può anche
trovare un compromesso per accontentare la sinistra. In questi casi
la fantasia aiuta. Ieri per esempio le telefonate di Prodi a
Giordano, Diliberto, Pecoraro Scanio e Mussi avrebbero convinto
costoro che «c'è una disponibilità al confronto».Qualunque sia il
significato di tale espressione. In realtà la coalizione non ha
bisogno di qualche stentato compromesso per uscire dai suoi
problemi. Le servirebbe al contrario la consapevolezza di un destino
comune. Tra l'altro,la legge finanziaria predisposta da Padoa
Schioppa è un buon testo, equilibrato. È la più "leggera" da molti
anni a questa parte e si sforza di trasmettere un messaggio positivo
agli italiani tartassati dalla precedente finanziaria. Si potrebbe
dire che è la legge adatta per accompagnare la nascita del Partito
democratico, la cui missione sarà appunto il recupero dei consensi
perduti presso il ceto medio.
Ebbene, proprio la natura di questa finanziaria ha lacerato il
tessuto dell'alleanza, mentre sullo sfondo ribolle lo scontento di
massa di cui Grillo è l'alfiere. Pecoraro Scanio, e non solo lui,
giudica scandalosi «i regali ai ricchi e alle grandi aziende». Altri
accusano «l'impianto liberista» del testo. Forseè solo un'esibizione
di facciata, un recital a vantaggio dei mezzi d'informazione.
Tuttavia il danno è notevole.
Una volta di più il centrosinistra conferma l'impressione di una
coalizione troppo divergente per camminare insieme lungo un percorso
di ben cinque anni. Cinque anni senza una visione comune del Paese e
delle sue priorità: come è possibile? In fondo il Partito
Democratico, se vorrà avere un senso, dovrà indicare un progetto per
l'Italia. Coerente e concreto. E dovrà dimostrarsi capace di
rischiare qualcosa per affermare la validità di tale progetto nel
dibattito pubblico. Anche la caduta del governo, se è il caso.
Altrimenti il centrosinistra sarà condannato all'eterno, estenuante
negoziato che ha consumato Prodi.

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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