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Magda Negri

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www.libertaeguale.com - A CHE SERVE LA TESSERA? - Silvio Mantovani

Proviamo a metterci nei panni di chi è andato a votare il 14 ottobre: che tipo di partito vorrebbe? Certo, un partito che gli offre di queste opportunità: scegliere dirigenti e candidati, essere informato sull'attività politica e di governo, proporre idee e soluzioni amministrative nella sua realtà, avere la possibilità, se ne ha voglia, di competere per cariche in condizione di pari opportunità con altri contendenti. Che partito vogliono invece i leader, ai vari livelli? Un partito capace di mobilitarsi per elezioni e campagne, in cui si possa scegliere e attuare linea politica e programmi in modo rapido e non contraddittorio, in particolare nelle assemblee elettive. Lo statuto del PD deve assumere entrambi i punti di vista e trovare una sintesi soddisfacente.

La tessera aiuta la formazione di un partito che rispecchi le esigenze degli aderenti e dei leader? Dal punto di vista dell'aderente, la tessera dà maggiore sicurezza che avrà dei diritti e che questi saranno rispettati, ma al tempo stesso, poiché il nuovo partito non viene dal nulla, è possibile che gli chiuda più porte di quante non glie ne apra, per il condizionamento di burocrazie, riti e clientele consolidati. La nomenclatura DS e DL si giova di ambiti ristretti e noti di partecipazione, come le attuali sezioni, che non hanno quasi più alcuna utilità politica, ma sopravvivono perché consentono, a chi ne conosce e controlla procedure e riti, di accedere facilmente a candidature e cariche. Per altro verso, la tessera nel passato era funzionale alla capacità di mobilitazione del partito di massa, perché simboleggiava l'impegno volontario e alimentava la retorica della militanza, mentre oggi, dal punto di vista del leader, non serve praticamente a nulla, visto che le risorse per le campagne vengono sempre più attinte o al lavoro volontario occasionale (come nel caso del partito democratico USA) o nel mercato. In definitiva, perciò, la tessera è utile se stimola l'iniziativa individuale e associata, non serve o addirittura è dannosa se serve a perpetuare una forma organizzativa che scoraggia la partecipazione e consolida le posizioni di rendita dei notabili.

La tessera, soprattutto per chi viene dal PCI/PDS/DS simboleggia il partito "pesante": verso le istituzioni, che tende ad invadere, verso la società civile, che tende ad irreggimentare: l'eredità di cui ci dobbiamo liberare. Ma può servire, se innerva un forma organizzativa nuova, basata sul protagonismo di singoli e gruppi, che formano circoli, associazioni, riviste, siti e chiedono di essere "accreditati" come parte del PD e di poterne usare il simbolo, avendone in cambio l'assegnazione di alcuni diritti (partecipazione a decisioni che non possono essere prese dall'insieme degli elettori, accesso a risorse pubbliche) e doveri (finanziamento del partito, rispetto dello statuto).

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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