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Creato: Mercoledì, 06 Novembre 2013 08:43
Facciamo il punto: sembra che nella Commissione per il Congresso solo Morassuth e Gualtieri si opposero a tenere il tesseramento aperto fino all'ultimo minuto. Tutti gli altri (renziani, bersaniani, bindiani, varia umanità) lo considerarono una opportunità utile alla causa.
Quale causa? Ognuno aveva la sua, come si evince dai fatti di questi giorni. Anch'io, votando quel regolamento, ho peccato di ottimismo movimentista.
Ora, risolte le situazioni più intollerabili, bisogna voltar pagina. Abbiamo il dovere di sapere qual è l'effettiva base associativa del PD. Ho la sensazione che siano rimasti i quadri dirigenti ma non più la base associativa di quelli che "fecero l'impresa" dell'Ulivo e fondarono il PD nel 2007.
Gli iscritti non sono numeri. Bisogna esaminare i flussi di entrata e di uscita, consolidare una base di partecipanti e di militanti (sia pure nelle forme più nuove e aperte), sapere chi siamo e cosa vogliamo. Non bastano gli iscritti "di scopo" di un giorno per votare, quasi fossimo un'associazione temporanea d'impresa.
Recuperare, includere, valorizzare, rispettare i vecchi e i nuovi iscritti, guardare a chi ci ha lasciato e a chi non è venuto in questa tornata, aspettando l'8 dicembre come un appuntamento mobilitante e in qualche modo sostanziale.
Dovevamo collegare temporalmente e politicamente - per dare spessore strategico - i congressi provinciali e regionali a quello nazionale. Ma, giù giù per li rami dei livelli territoriali, le cose non sarebbero cambiate molto.
Cercare la radice del problema per risolverlo.
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Creato: Mercoledì, 30 Ottobre 2013 10:35
Bellissima iniziativa lunedì pomeriggio alla Fondazione Feltrinelli di Milano organizzata da Libertà Eguale Lombardia. Per presentare la seconda edizione del libro di Tonini e di Morando L’Italia dei Democratici edita da Marsilio erano presenti Veltroni, Salvati, Morando, Tonini e Mario Monti.
Veltroni ha particolarmente, e quasi con angoscia, approfondito il problema della crisi democratica europea e americana, intrecciata alla specifica crisi istituzionale che distingue l’Italia da altri paesi nella società globale. Il fatto che l’America si sia trovata ad un passo dal crollo per la resistenza repubblicana alla riforma sanitaria è questione mai accaduta nella storia americana. Nella Repubblica Ceca in pochi mesi è nato un partito populista similberlusconiano, in Francia il partito di M. Le Pen supera il Partito Socialista e l’UMP.
Secondo Monti solo l’abilità di Angela Merkel è riuscita a tenere fuori dal Bundestag l’ADF che sarebbe stato una bomba ad orologeria antieuropea e populista con effetti metastatici.
Il populismo, secondo molti dei relatori di ieri, può dare fra pochi mesi alle europee il colpo di coda a un riformismo che fatica in tutta Europa, e a una democrazia che non riesce ad essere decidente. Mi è piaciuta la riflessione di Veltroni che guardava a Putin come modello di democrazia semplificata cui guarderebbe gran parte dei paesi dell’est appena entrati nell’Unione Europea.
Veltroni ci ha fatto una rivelazione: ha detto che nel 2007 in sede di discussione dello Statuto solo lui e la Bindi erano contrari all’elezione diretta del segretario del PD candidato premier perché temevano che 3 milioni di voti per il futuro segretario del PD avrebbero accelerato la fine del governo Prodi. Stupore e silenzio in sala, brusii. Chiara l’analogia.
Monti ha fortemente difeso l’esperienza del suo Governo nell’interesse delle future generazioni. L’abbiamo tutti applaudito quando ha ricordato che senza la presentazione di Lista Civica ora Berlusconi avrebbe la maggioranza alla Camera e sarebbe oggi presidente della Repubblica. Ha elegantemente polemizzato con Morando perché quest’ultimo sostiene che l’esperienza di Scelta Civica deve confluire nel PD in uno schema bipolare, mentre Monti difende, insieme ad Ichino, l’utilità di un nucleo di resistenza liberale riformista per qualificare i programmi di ogni coalizione.
Morando ha ricordato infine che in Italia, come si evince nella nota di aggiornamento della Finanziaria, abbiamo raggiunto il pareggio strutturale di bilancio, essendo il debito ormai sotto controllo. Abbiamo quindi le mani libere per utilizzare le risorse disponibili per l’alleggerimento fiscale alle imprese e ai lavoratori per riavviare lo sviluppo.
Un consiglio per il Governo Letta: Tonini ha voluto vedere una continuità forte tra il discorso del Lingotto del 2007, la prima fase del Governo Monti e il tentativo di Renzi. Opinioni diversificate su quest’ultimo punto. Speriamo che questa sia la traiettoria, ma personalmente vedo una agenda Renzi molto lontana dall’agenda Monti. Ci sarà tempo per affrontare con passione riformista una situazione che cinque anni di crisi hanno profondamente mutato.
Sono molto contenta perché si è riannodato un libero dialogo fra importanti protagonisti del Partito Democratico e del centro sinistra italiano. Anche a Milano ci sono stati tanti problemi sui congressi di Circolo ma davvero, se si torna a parlare di politica, diventa materia minore.