Devono essere ciechi. I nostri giornali, i nostri partiti, e anche i portavoce dei nostri vescovi. Il 95 per cento del dibattito pubblico, delle polemiche giornalistiche, degli interventi ecclesiali, delle dichiarazioni politiche riguarda temi che – stabilmente, da anni – sono in fondo a ogni interesse della Nazione.
Neanche il 3 per cento di tutti gli italiani considera l'aborto un
tema rilevante per sé, soprattutto ai fini della decisione
elettorale. E lo è per appena il 7 per cento degli italiani
cattolici: fonte, Famiglia cristiana, cioè uno dei giornali che si è
lanciato sulla pista dello scandalo di Veronesi e dei radicali nel
Pd.
Viviamo e lavoriamo in un circuito politico- mediatico che s'era
eccitato per la laicissima Rosa nel pugno facendo prevedere chissà
quali risultati: 2,6 per cento. L'80 per cento disertarono le urne
sulla fecondazione assistita, e ben pochi di loro perché l'avesse
chiesto Ruini.
Oggi, anche grazie all'amico Corriere, la lista di Giuliano Ferrara
è considerata un evento: nei sondaggi va dallo 0,1 allo 0,5 per
cento.
Insomma, per essere brutali: non gliene frega niente a nessuno.
Biopolitica, bioetica, difesa della famiglia tradizionale, aborto.
Temi cruciali, per carità, nel dialogo pubblico.
Ma in chiave elettorale neanche più in America contano qualcosa,
andate a vedere di che si occupa la destra cristiana: mutui, salari,
prezzi. In Italia, nella politica e sui giornali, non si parla che
di pillola del giorno dopo e di coppie di fatto.
Intanto, con l'eccezione di Federico Geremicca sulla Stampa, nessuno
sembra accorgersi di un fenomeno che potrebbe essere epocale. E cioè
che Veltroni sta portando l'intero elettorato di centrosinistra,
comprese larghe fette di quello più "di sinistra", su posizioni
inimmaginabili pochi anni fa.
Il programma scritto da Enrico Morando e pubblicato oggi integrale
da Europa rappresenta, al di là della sua efficacia elettorale, un
autentico riposizionamento strategico della sinistra italiana. Se su
questa linea arriveranno i voti di un 35 per cento o più degli
italiani – e soprattutto se l'asse politicoideologico sarà poi
tenuto fermo – sarà accaduto in Italia qualcosa di simile a ciò che
hanno fatto Blair e Schröder, e che D'Alema aveva solo ipotizzato:
mutare i paradigmi e ampliare la base sociale di riferimento.
Con una differenza, almeno sul Labour: che Veltroni non ha dovuto
ingaggiare alcuna battaglia nel proprio partito né coi sindacati.
Per il motivo banale che le posizioni tradizionalmente "di sinistra"
(cattolica o marxista) qui sono state superate dai fatti, dalla
crisi del welfare classico, e trovano rappresentanza in un cartello
elettorale che non tocca il 6 per cento. Guardatevelo, questo testo.
Se saranno queste le politiche del Pd, al governo da solo o
all'opposizione, vorrà dire che qualcosa è successo davvero, nel
paese dove non succede mai niente.
Cioè è successo che c'è un partito progressista di taglia europea
che (citiamo a caso) vuole condurre fino in fondo senza equivoci «la
guerra al terrorismo jihadista»; promuove un governo atlantico della
globalizzazione; non cita l'egualitarismo ma vuole far posto «ai
giovani più impegnati, intelligenti e preparati» e «premiare i
migliori»; mette sicurezza dei cittadini e «severità contro il
crimine» al primo punto; non considera la vendita del patrimonio
pubblico un tabù; smette di voler perseguitare le rendite da
investimento; si impegna a defiscalizzare il salario dei contratti
integrativi.
E poi: vuole sottoporre a valutazione tutta la pubblica
amministrazione, a partire dai dirigenti; alleggerire fiscalmente le
rate dei mutui per la casa; ridurre il numero delle sedi
universitarie e vincolare alla qualità dell'insegnamento il 30 per
cento dei finanziamenti agli atenei; accorpare i tribunali ed
eliminare la sospensione dei termini giudiziari dovuta alle ferie
dei giudici; legare le parcelle degli avvocati alla velocità delle
cause; utilizzare la video-sorveglianza privata per la sicurezza
pubblica; aprire le ferrovie locali alla concorrenza; ridurre a un
solo passaggio la Valutazione di impatto ambientale; rafforzare i
poteri del presidente del consiglio; tirare fuori la politica dalla
Rai.
Abbiamo citato cose a caso, molte ne mancano, e molte mancano perché
colpevolmente non ci sono, a dimostrazione che c'è ancora molto
cammino da fare (per esempio, perché non c'è il contratto unico? e
quali sono esattamente «i doveri» ai quali sono chiamati gli
immigrati?).
Si dirà che i programmi non contano. Sarà.
Quello di Prodi veramente era diventato un tormentone. E poi questo
testo del Pd, laddove cita la pillola antiabortiva o la 194 è finito
sotto la lente d'ingrandimento nel giro di mezz'ora dalla
pubblicazione. Possibile che sulle tante altre cose che coinvolgono
(di più) la vita delle famiglie italiane, né Avvenire né Osservatore
romano né Famiglia cristiana abbiano qualcosa da dire, suggerire o
criticare? È vero, come scrive Antonio Polito sul Foglio, che il
successo del Pd fin qui è monco, perché recupera quasi tutto
l'elettorato di centrosinistra ma manca la propria missione
principale, che era quella di sfondare al centro.
È così. E sarà così, temiamo, anche il 12 aprile. Dopo quindici anni
di prodismo e di bipolarismo da caserma era però difficile
convincere gli italiani in quattro mesi. Già che si stia facendo il
pieno dei propri voti senza neanche sfiorare l'antiberlusconismo, a
noi pare un miracolo.
Ma un partito di queste dimensioni che riuscisse a reggere su questa
linea politica (anche nel caso di una sconfitta elettorale) potrà
porsi in un paio d'anni al massimo, continuando a parlare di
riunificazione degli italiani, l'obiettivo di diventare davvero
maggioritario.
È per questo che – contrariamente a quanto pensano alcuni che, anche
nel Pd, mugugnano oggi per la corsa solitaria del leader magari
pensando di fargliela pagare fra qualche mese – Walter Veltroni ha
comunque già vinto.
Sarà pur vero che essere un bravissimo candidato, un eccezionale
comunicatore e un fantasioso compilatore di liste non vuol dire
saper edificare un partito. Ci sono però passaggi, compiuti nel
caldo dello scontro elettorale e battezzati dal consenso popolare,
rispetto ai quali non si torna indietro facilmente.