Per questa finanziaria incominciano ad emergere non solo gufi ma anche pavoni e struzzi. Esagera Bersani ad appellarsi all’articolo 53 delle Costituzione per la non progressività delle aliquote ma certo non è utile e questo continuo trionfalismo di Renzi e dei suoi ministri sulla immodificabilità del testo proposto. Viviamo nella pratica viva la dialettica tra partito di governo e partito degli iscritti e delle associazioni.
Molti economisti hanno criticato – a ragione – la dilatazione dell’uso del contante e l’abolizione della tassa sulla casa, tanto per il monolocale quanto per la villa patrizia sui colli. Rifiutare queste critiche è segno di arroganza e di ingenuità. La finanziaria tiene l’asse della riduzione fiscale ma procede a zig zag in cerca di facili consensi popolari. Non mancano provvedimenti utili sulle università, sulle partite iva, sull’agricoltura, e forse va stoppata in tempo la polemica sull’assenza degli investimenti nel sud.
Ma a parer mio il problema fondamentale non sta in questi specifici provvedimenti. Qui entrano in campo gli struzzi. Ci sono interi allevamenti di struzzi, con la testa nella sabbia. Non si accorgono che per la seconda volta variamo una finanziaria in deficit, con la differenza rispetto all’anno scorso che non siamo più in recessione, le performance della nostra economia sono positive e rinunciamo contro ogni indicazione del fiscal compact a mettere un po’ di fieno in cascina; facciamo deficit che non serve ad invertire il ciclo sfavorevole e facciamo una manovra prociclica che asseconda una tendenza già in atto.
Tutto il contrario di quello che dice l’Europa, per la quale l’eventuale allentamento del Patto di Stabilità flessibile nei tempi difficili per l’economia deve poi essere recuperato quando le cose vanno bene, con comportamenti ancora più virtuosi. Aumentiamo il deficit, rendiamo più arduo il miglioramento del debito, affidato solo al recupero di produttività e alla ripresa dell’inflazione. Padoan è un grande ambasciatore nel mondo dell’economia, Renzi gioca a fare Tsipras nel campo riformista ma l’Europa vigila e se ci concederà altri margini non previsti vorrà recuperare nel prossimo anno.
Urge un dibattito nel governo e fra l’opinione pubblica riformista che dovrebbe sostenerlo su cosa davvero chiediamo all’Europa, come intendiamo la flessibilità e che eredità di debito siamo sisposti a far gravare sulle spalle delle nuove generazione.