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Magda Negri

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La querelle tra azionisti sabaudi e meneghini di Intesa-Sanpaolo è giunta a complicare la vita del Pd piemontese, dopo una sconfitta elettorale che aveva di suo già scosso il partito regionale. Le vicende politiche legate ai nuovi equilibri nel secondo gruppo bancario d’Italia, hanno esacerbato un esito elettorale che, per una manciata di voti, non ha visto riconfermato il buon governo della presidente Bresso.

Contingenze e vicende locali sono state forse determinanti per la mancata vittoria, ma la sconfitta in Piemonte va senz’altro inquadrata nel dato più generale del Pd, incapace di risultare credibile forza di governo agli elettori settentrionali. Una perdita di slancio del progetto originario del Pd, che si rivela anche nella difficoltà di indicare una chiara posizione riformista sul rapporto tra politica e sistema bancario.

Per proseguire nel processo di modernizzazione del nostro sistema bancario, nel quadro di un rilancio di competitività dell’intero sistemapaese, è necessario che la politica s’impegni nella separazione delle fondazione dalle banche. Come ha scritto Lamberto Dini (sul Corriere della Sera) «non si può escludere che il rischio della commistione è sempre in agguato, almeno fintanto che le fondazioni investono nelle banche una parte predominante del proprio patrimonio e fintanto che la quota del capitale delle banche detenuto dalle fondazioni è tanto grande da configurare posizioni di controllo». Un Pd che s’incarichi di interpretare la sfida per il cambiamento, dovrebbe operare per scongiurare questa rischiosa commistione.
In Piemonte, come detto, il fuoco della recente polemica ha attecchito in un partito diviso più che sull’analisi del voto regionale, sulle prospettive di impegno e lavoro futuro.

Il partito regionale discute da settimane, allo scopo di offrire uno sbocco positivo all’attuale fase politica, ancor più in vista del turno amministrativo del prossimo anno, che vedrà il suo epicentro nella sfida per conservare Torino. Per quanto sia evidente che la partita per il capoluogo risulterà centrale nella prova che il Pd darà di sé a livello nazionale. Ecco perché considero utile il dibattito in cui sono da un mese impegnati i vertici del Pd locale, anche quando assume intelligenti toni polemici, perché può servire, anzitutto, a discutere alla luce del sole (e il Pd ne ha molto bisogno, a Torino come a Roma) tra le diverse strategie in campo per vincere a Torino, Novara e negli altri comuni al voto.

Quindi, a contribuire coerentemente al progetto di governo dell’Italia che il Pd va nazionalmente definendo in vista del 2013. Dopo l’arretramento registrato in particolare al Nord a vantaggio del centrodestra, è indispensabile rendere il Settentrione d’Italia protagonista di questo progetto nazionale di governo. In caso contrario, sarà inevitabile il concretizzarsi dello scenario prefigurato da Luca Ricolfi su La Stampa, in cui il Pd si ritroverà spiazzato da un conflitto politico più che «fra eguaglianza e libertà, fra interessi dei territori produttivi (non tutti del Nord) e interessi dei territori assistiti (non tutti del Sud)».

In questo quadro, sfuggono le motivazione dell’entrata a gamba tesa dei giorni scorsi del vicesegretario del Pd, Enrico Letta, su Sergio Chiamparino, in un situazione complessa che pretenderebbe tutt’altra prudenza. Un Pd a debito di leader che sappiano incarnare, soprattutto al Nord, un’opposizione costruttiva all’imperante inerzia del governo e un’interpretazione vincente della sfida per il cambiamento, non può certo giovarsi dell’affondo anti-Chiamparino del vice segretario nazionale.

Anche nel Pd torinese si levano voci contro l’unica leadership democratica oggi forte sopra il Po. Finché tale polemica resta confinata a livello periferico può avere pure senso. Ma mi chiedo che significato possa mai assumere se sferrata contro Torino direttamente dai piani alti di Roma. A Torino, la Bresso ha stravinto su Cota, staccandolo di ben 16 punti percentuali. Il vantaggio del centrosinistra sul centrodestra alle politiche del 2008 era di soli 8 punti: la metà. Gli ottimi risultati di nove anni di amministrazione Chiamparino sono stati il viatico per questo raddoppio secco.

Non vedere questo dato è segno di miopia. Non utilizzare la forza di questa leadership locale, che è già nazionale, è traccia di una strategia politica romana particolarmente indecifrabile. 

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Salvare l'Europa: come uscire dal debito e dalla stagnazione

Venerdì 26 febbraio 2016
Sala Viglione, Palazzo Lascaris
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Presiede: Magda Negri

Intervengono: Davide Gariglio, Mercedes Bresso, Alberto Majocchi, Enrico Morando

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Così come Syriza in Grecia non era il futuro profetico per la sinistra italiana, così non dobbiamo considerare che la sconfitta di Miliband in Inghilterra sia esattamente trasponibile nel dibattito della sinistra italiana. In Inghilterra ha pesato potentemente lo straordinario successo del partito nazionalista scozzese. Non facciamo equazioni troppo semplici. In Italia aspettiamo l’esito delle elezioni amministrative. Credo andranno bene, anche se peserà la disaffezione degli elettori vrso le elezioni locali. La formazione delle liste in Campania è il simbolo di un grave problema che si sta determinando nel PD: non basta imbarcare tutti per vincere. Bisogna vincere lealmente, con persone presentabili.

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